MACRO SONDO

domenica 21 novembre 2010

Recensione da BandBlog

Ho avuto modo di vedere i Cochabamaba Orchestra diverse volte nel corso della mia permanenza qui a Padova, così oggi ho deciso di dedicare a loro questa postata.
Ottimi per animare le serate di piazza, ballando tra un bicchiere di vino e uno spicchio di luna,  i Cochabamba dal 2006, anno della loro “discesa in campo”, hanno già accumulato diversi cambi di formazione e altrettante produzioni.
Nel 2007 esce infatti il loro primo ep, “Sound”, seguito a ruota da “Macro Sondo” (2008), primo album della band, e un rarissimo bootleg registrato a Radio Sherwood nell’estate del 2009 (intitolato appunto “Bootleg! Live in Radio Sherwood 2009″).
E questo è tutto per quel che riguarda l’aspetto biografico.
Dal punto di vista musicale trovo che si inseriscano bene in tutta quella scena musicale di energica “protesta” sonora e folk composta dai vari Manu Chao, Gogol Bordello, Los Delinquentes ecc. E non è un caso se di questi tempi “l’ala sinistra” del movimento underground si orienti spesso verso questi lidi sonori, vista la grossa affluenza di giovani che prendono parte a concerti e manifestazioni a cui presenziano i Cochabamba.
Bella e azzeccata è anche la definizione che danno di loro stessi: “…un grande imbuto che raccoglie suoni dal mondo e li rimette in circolo con il proprio gusto..”
Oltre alla curiosità che più si lega al loro nome. Cochabamba infatti è una città boliviana, con la più grande univesità nazionale, che nel 1999 subì da parte del dittatore Banzar e della multinazionale statunitense Bechtel (spalleggiata dall’italiana Edison), la privatizzazione dell’acqua.
Non solo quella corrente, ma addirittura quella piovana.
Le proteste e le vittime (6) degli scontri che ne susseguirono portarono il governo boliviano a cancellare la legge il 10 Aprile 2000, sancendo così la vittoria del popolo sovrano.
Cochabamba quindi, significa che un mondo diverso è possibile.
Restando però in tema di musica, significa che a Padova c’è una interessante realtà a cui val la pena porgere orecchio.

BeppeTesta